venerdì 17 novembre 2017

Coraggio sinistra fatti ammazzare

di Nicodemo



Pavidi ragionieri della politica della partita doppia, leninisti da luna park, trasognati topi di biblioteca che in preda al delirio alcolico si credono Talleyrand. Ma che cazzo, ci voleva tanto a fare uno straccio di lista di sinistra? Bastava dire, vogliamo semplicemente essere di sinistra quind aff... quelli che hanno massacrato l'Italia con i compiti a casa dell'Europa e che nemmeno accennano non dico ad autofustigarsi per la vergogna, ma neanche a sputarsi simpaticamente in un occhio. Mdp. Cosa? Ma fatemi il piacere. Sarebbero di sinistra questi? Il fatto stesso di non chiudere la porta in faccia a nessuno è da fessi, sembra tanto la bella virtù dei poveri con l'anello al naso che piace tanto agli aristocratici e ai radical, il negro tosto e di belle parole, ma mansueto ed educato. Ma rivaff...C'erano quelli di sinistra, invece no, dovevano spaccare i coglioni con la responsabilità di non dividere la sinistra, come se quelli fossero di sinistra e non aspettassero altro togliere la sedia dal culo di Renzi per sedersi al suo banco e farsi menare dalla Troika al posto suo. Ma dico che cazzo di sinistra immaginavate. Dico sinistra, quindi facciamo pure la passerella dei civici, ma poi mettiamo insieme gente che almeno spernacchia la Fornero e si ricorda cos'è il Fiscal Compact, altro che "io sono più liberale di Renzi". 
I grillini ringraziano e a questo punto nemmeno mi dispiace.

sabato 4 novembre 2017

"E' uzbeko, quindi è colpa di Putin". Il complottismo di Rula Jebreal sugli attentati di New York



da l'Antidiplomatico

Rula Jebreal, ex moglie di  Arthur Altschul Jr., figlio di un partner di Goldman Sachs, è una delle “esperte” di Medio Oriente preferite dalla Tv italiana. Dagli Stati Uniti dove vive e lavora viene spesso chiamata nelle trasmissioni cosiddette di "approfondimento" per spiegare all’opinione pubblica italiana quello che accade in quelle aree del mondo.


Nel giorno dell'attenatato a New York, con un messaggio twitter che ha del surreale, Jebreal ha accusato Putin di una non chiara responsabilità morale.


Il motivo? La nazionalità uzbeka del terrorista.

Sembra incredibile ma questo è il tweet:



 
Rula Jebreal @rulajebreal
The terrorist is from Uzbekistan, part of Putin’s police states: More evidence that tyrants fuel terror, and produce massive radicalization. https://twitter.com/realdonaldtrump/status

Un’altra prova che i tiranni incrementano il terrore e producono radicalizzazione di massa”. Putin dall’Uzbekistan, secondo la signora Jebreal, fomenta quella radicalizzazione che ha portato all’attentato di New York.
Oggi l’Uzbekistan, parte dell’Unione Sovietica fino al 1991, non confina neanche più con la Russia. Il terrorismo jihadista sunnita che nasce e si fomenta nell’Asia centrale è oggi uno dei principali problemi di sicurezza interna per Mosca. Impegnata da mesi, quest'ultima, a supportare l’esercito siriano nella liberazione dal jihadismo, fomentato e supportato dall’Occidente e i suoi alleati.
Non a caso Rula Jebral pochi giorni prima della liberazione di Aleppo da parte dell'esercito siriano interveniva in una trasmissione La 7 condotta da Corrado Formigli in cui lanciava quest’appello,  “Perché dobbiamo fermare il genocidio di Aleppo” in cui affermava nell’ordine:


«Assad lo squartatore punta adesso allo sterminio totale di Aleppo»
«dobbiamo fermare l’olocausto» e «il genocidio», «come il Ruanda»  
«il regime ha massacrato gli oppositori rivoluzionari pacifici e aperto le carceri liberando jihadisti e terroristi».

Oggi Aleppo è stata liberata dai terroristi che Jebral chiamava “oppositori rivoluzionari pacifici”. La città ha festeggiato chiaramente nel non vivere più sotto l'autorità dei tagliagola e quella che era la città più florida del Medio Oriente cerca lentamente di tornare alla normalità. Da allora, dalla liberazione, non a caso, la signora Jebreal non ha più affrontato l'argomento Aleppo.

Oggi Jebreal accusa Putin degli attentati contro New York. E domani, statene certi, tornerà dagli Stati Uniti per partecipare a qualche trasmissione "di approfondimento" nelle povere Tv italiane. Ma la domanda ora è: voi le crederete ancora?

La Redazione 


Populismo o muerte. No, muerte al populismo

di Nicodemo

Destra/sinistra? No alto/basso. La nuova categoria politica. Oligarchie contro popolo. Popolo=populismo=nazionalismo=faccio secco il vicino perchè mi ha calpestato l'orto, come è successo fra serbi e croati. Chi ci capisce. Uno fa un pensiero semplice semplice, del tipo possiamo ripararci meglio dagli sfracelli della globalizzazione e da quelle fottute multinazionali se ci riprendiamo lo stato e la sovranità popolare, magari in modo democratico per fare una specie di socialismo nazionale  e cazzo quelli, i negrieri, ti tirano fuori che è roba vecchia e che se pensi ai confini e a questo è mio e lo controllo io, sei a un passo dal suonare la carica per dare la caccia al nero e all'ebreo. Dobbiamo pensare ai nuovi modi di estrarre il plusvalore, al lavoro che non è più lavoro di fabbrica, ma tutto è lavoro, anche fischiettare la pubblicità dell'intimo, perchè anche quello è lavoro immateriale, panteismo spinoziano della merce o che so io la fase sado anale dell'estrazione del plusvalore. Bene indaghiamo questi nuovi dispositivi, facciamo il movimento che modifica i rapporti di forza, ma giammai che prenda il potere, è un'illusione e poi chi lo vuole il partito. Sti cazzi. Insomma per chi devo votare o non votare per far si che tante facce di merda non  decidano più sulla mia pelle e mi raccontino balle sulle risorse che non ci sono e che cazzo vuoi andare in pensione prima dei settant'anni, e ai giovani non ci pensi vecchiaccio egoista, avido e senza cuore. 
Basta

sabato 28 ottobre 2017

Dagli a quel democratico di un fascista

di Nicodemo
 
Ieri ho partecipato per curiosità a un'assemblea cittadina dei 5S. Fascistissimi.
Gli emuli di Farinacci furbetti facevano parlare tutti, si esprimevano pacatamente, disquisivano in modo semplice di volontà popolare, cercando di metterti a tuo agio, come a un seminario filosofico a margine della sagra della salsiccia e parlavano di comunicazione e dinamiche relazionali fra una slide e l'altra, da far invidia alla scuola di Palo Alto. Gente che argomentava con diabolica astuzia di questioni serie, come le carenze nella sanità, lo sperpero di risorse pubbliche, la corruzione, ecc. tutto per mascherarsi da democratici e dissimulare la loro intima fascistaggine. Nessuno che interrompeva, nessuno che faceva comizi. Che furbi!
Ovviamente io indossavo un cappellaccio nero e la maschera di Zorro per non farmi riconoscere, e parlavo con accento svedese a chi mi rivolgeva la parola. Ho mantenuto  l'incognito, per smacherare questi ipocriti. Alla fine però mi sono fatto prendere anch'io nelle spire velenose di questi seduttori, arruffapopolo e  manipolatori  da scientology alla matriciana, e stavo quasi per comprarmi una gigantografia di Rousseau da mettere al posto di quella di Marx nella mia cameretta. 
Maledetti fascisti esaltati.

domenica 22 ottobre 2017

La sinistra metaconcettuale

di Franco Cilli

In sintesi esiste una metacomunicazione. 

È un processo mentale che permette di comunicare sulla comunicazione stessa.  
Parliamo di sinistra. La sinistra si compone di fenomeni che potremmo racchiudere  in due differenti categorie: la categoria sociale-comunicativa e la categoria politica-organizzativa. Nella prima vengono incluse tutte quelle realtà che fanno parte della cosiddetta sinistra diffusa. Pezzi di società che veicolano un'idea solidale di mondo, attravero pratiche e stili comunicativi peculiari. Associazioni, volontariato, circoli culturali, centri sociali e movimenti (questi sono un ibrido fra le due forme). Questo insieme di realtà esprime un'idea di natura che si trasmette attraverso la comunicazione e l'affermazione di un'idea "altra" di società. La categoria politica-organizzativa è invece il luogo della politica praticata che si compendia di elementi normativi e rituali propri delle singole organizzazioni. Ne fanno parte le cellule di partito, le organizzazioni militanti, i centri sociali, i vari movimenti che si muovono su tematiche specifiche e ne fanno parte anche le strutture di partito con il compito di stabilire tattiche, strategie, alleanze, e modalità di relazione e interazione con la cosiddetta società civile. Una saldatura fra queste due dimensioni con fenomeni di interscambio e di osmosi, genera la massa critica necessaria in grado di provocare mutazioni del quadro politico generale, dei rapporti economici, dei costumi e della mentalità in seno a un determinato contesto sociale.

Mi sembra che in Italia queste due dimensioni siano ancora scisse e scarsamente comunicanti, continuando a vivere secondo ritmi e logiche proprie, senza porsi il problema di un livello di astrazione necessario atto a generare fenomeni politici rilevanti. In particolare la dimensione politica-organizzativa appare intrappolata in un loop autodistruttivo, che si fissa unicamente sull'elemento riguardante l'assemblaggio dei singoli componenti dell'agire politico e in generale sugli aspetti formali della politica stessa, ignorando tutti gli altri elementi. Ciò non è necessariamente frutto di ignoranza o cattiva fede, ma espresione della perdita di una capacità di metacomunicare e vedere i fenomeni da un punto di osservazione esterno, restando impigliati in logiche particolari e dinamiche relazionali che sono solo frutto di un malinteso istinto di sopravvivenza. 
Ci vorrebbe qualcuno o qualcosa in grado di recuperare quel senso di distacco metacomunicativo necessario che possa consentire di proiettare la sinistra al di là delle beghe di condominio e saldare le due diverse dimensioni che costituiscono il core della sinistra stessa.


venerdì 29 settembre 2017

La sinistra una e bina

di Franco Cilli 

Partecipo al percorso tracciato dal Brancaccio dentro un sistema di regole non scritte, che affida al metodo democratico partecipativo la stesura di un programma e la formazione di liste da presentare alle prossime elezioni. 
Si è detto, facciamo una lista per dare voce a chi non ce l'ha, per dare rappresentanza politica a istanze, movimenti, passioni civili, soggetti sparsi di una sinistra sociale dannatamente ampia ma frantumata, senza santi in paradiso. 
Bene, d'accordo. Scopro dei compagni bravi e con un passato di impegno politico senza cedimenti, nè disincanti, che sono il sale di una prosa che va forte sui social, ma certo non aggiungono nessun valore a un qualsiasi discorso politico serio. Posso esprimere le mie idee eretiche sull'euro e sull'Europa liberamente e nessuno grida alla bestemmia, manco fosse entrato un cane in chiesa, come direbbe Don Gallo. Insomma tutte premesse rassicuranti e promettenti insieme. Ma, e c'è sempre un ma, su quello che doveva essere un percorso faticoso, e pur tuttavia con una meta visibile, cominciano a farsi strada delle strane e incomprensibili titubanze. Il clima nelle assemblee è buono, le proposte sono molte, l'entusiasmo non manca. La pacatezza e l'abnegazione al metodo democratico regnano sovrani. L'atmosfera placida viene interrotta solo da qualche momentaneo sussulto, quando ci si accorge che ancora fervono iniziative, tavoli, incontri fra le varie componenti di quella che il mainstream definisce "la sinistra a sinistra di Renzi", per capire se c'è ancora spazio per una lista unica che metta insieme tutti, RC compresa. In realtà, per uno strano fraintendimento del concetto di sinistra ci si riferisce più che altro a Pisapia, Bersani, Civati, e fors'anche D'Alema e Frantoianni, lasciando nei titoli di coda il duo Montanari Falcone, senza nemmeno curarsi di citare RC, ma la confusione di tanto in tanto si fa strada.
Da quanto si capisce, ormai sono tutti ammaestrati all'idea che due liste di sinistra non si possono fare, sarebbe un sacrilegio, uno spreco assurdo, un'offesa al buon senso e alla sensibilità del popolo di sinistra. Lo dicono quelli del Manifesto, lo dice pure Repubblica, e se lo fa scappare anche Montanari a margine della festa di Si e in un'intervista alla stsampa. Il guaio è che Montanari ritiene che se "auspicabilmente" ci sarà una sola sinistra, lui "suggerirà" a quelli del Brancaccio di continuare il percorso prestabilito, ma senza avere più una meta, cioè le elezioni prossime venture. Saltare un giro insomma. Si perchè nelle premesse il Brancaccio non nasce, almeno inizialmente, per rifondare la sinistra, ma per fare liste elettorali con un metodo trasparente e democratico. Ma allora perchè saltare un giro se c'è una sola sinistra che in realtà è una destra mascherata?
Ora io mi chiedo senza tanti giri di parole, se siamo nati per distinguerci nettamente da una certa sinistra ancora prigioniera del liberismo, e sappiamo benissimo che nè Bersani, nè Pisapia, nè Civati per citarne solo alcuni, sono minimamnte assimiliabili a un programma antiliberista (Bersani: "io sono più liberista di Renzi"), che senso ha lasciare campo libero a una lista unica di sinistra che secondo i nostri ragionamenti, di sinistra non è? Giusto per essere chiari, io non mi metterò da parte per votare una lista che di sinistra ha solo il nome, e penso che la maggior parte dei brancaccini la pensi come me. Tanto vale allora fare una seconda lista di sinistra, malgrado lo sdegno di Repubblica e del Manifesto e i lamenti di tanti saggi disperati della sinistra, che almeno, pur raccimolando lo zero virgola, ci mettiamo in marcia e iniziamo a farci conoscere. 
Si tratta qui di un'ossessione quasi idolatrica che fa voto di fedeltà a un feticcio o a un simbolo, allo stesso modo di un tifoso di calcio, senza avere nessuna considerazione di programmi e visioni di realtà altenative. 
Io non sono di sinistra per fede, ma per volontà di cambiamento e se l'andazzo e questo, come dice Montanari, che al massimo della sua coerenza logica prima invita a lasciare campo libero a un'unica sinistra, poi dice che non la voterà, il giorno delle elezioni me ne starò a casa.

mercoledì 21 giugno 2017

Europeismo, avanti e poi in fondo a sinistra

di Nicodemo

Mi chiedo, l'europeismo è una religione? E' una superstizione? E' un totem che incute timore e richiede sacrifici umani? E' un superIo multiforme che ti sorveglia e ti fa sentire in colpa se devi dalla retta via? Marx era internazionalista, ma anche no. Insomma se tu stai in un club che per statuto prevede di sfilarti i soldi dalle tasche per darli al membro più in vista del club, perché dovresti rimanerci? Mistero.  La coscienza rimorde per paura che disobbedendo al feticcio si ricada nei meandri oscuri della storia, come se la Svizzera, che europea non è, fosse una piccola patria piena di soldatini pronti a scagliarsi contro l'ebreo di turno, in preda ai deliri febbricitanti della malaria nazionalista, malattia che solo una vaccinazione di massa con il vaccino europeista può debellare.
Un momento, ma  per quanto poco somigliante a uno stato e poco collaudata, l'Europa non è anch'essa una nazione, magari solo più grande? Sono confuso. Ah! Negri, Negri.
 

lunedì 12 giugno 2017

Rossobruni e rosèbruni

di Nicodemo

Senza giri di parole mi sono rotto le palle di quelli che grazie non si sa a quale magica capacità di leggere la mente umana e di snidare il bruno che è in ciascuno di noi, sparano giudizi e sentenze a cazzo. 
Il bersaglio preferito di certi intellettuali adesso sono i cosiddetti rossobruni. Quali sono i criteri per essere definito rossobruno?
Secondo il Manuale Diagnostico Statistco delle patologie politiche della scuola di Velletri, almeno tre di questi items:
Non dire male o non abbastanza male della Russia (genocidi, assassini, protettori del macellaio Assad) e anzi apprezzare la politica di bilanciamento del predominio yankee di Putin;
Dare agli americani delle colpe storiche per guerre e dittature, dando segno di non apprezzare la più grande democrazia dell'universo;
Parlare male della UE e anzi ritenere che il suo impianto liberista sia una dannazione per i popoli;
Difendere il dittatore Maduro e attribuire alla destra di quel paese le peggiori nefandezze;
Non aderire agli apelli di Rula Jebreal e Formigli sulla Russia assasina, Assad genocida del proprio popolo, ribelli moderati eroi romantici tipo anarchici della guerra di Spagna;
Affermare a chiare lettere che Israele è uno stato oppressivo e coloniale e commette gravi ingiustizie nei confronti dei palestinesi;
Non dire non me ne frega niente della Libia, dell'Afghanistan e dell'Iraq, anteponendo i diritti LGBT alla necessità di fermare le guerre, che in fin dei conti qualche ragione ce l'hanno;
Nutrire dubbi su certe femmniste, che vorrebbero l'estinzione del maschio;
Nutrire dubbi sulle politiche migratorie;
Credere nei complotti;
Nominare  termini come nazione, patria, onore, stato etico, hegelismo, spirito della storia;
Ecco a parte gli ultimi due items che sono soddisfati da un'infima minoranza di persone, capirete che in base alla altre voci a essere marchiato come rossobrunonon ci voglia molto. Il bello è che chi critica i rossobruni afferma che mai un rossobruno ammetterebbe di essere tale e che si camuffa benissimo da uno di sinistra. Insomma i garantisti incrollabili e le anime belle tirano fuori la cultura del sospetto, come farebbe un vero rossobruno con un'indole paranoidea e intollerante. Poi parlano di "sinistra penale". Rosèbruni allora.
Insomma i rosè, quelli che vorrebbero stanare i rossobruni, sono il peggiore esempio di una cultura che in apparenza è libertaria, ma nei fatti rappresenta il fianco sinistro del liberismo più schifoso, quello che si maschera con il volto inflessibile del difensore dei diritti civili e chiude un occhio sulle guerre, sulla finanziarizzazione dell'economia e la deregolamentazione del mercato. Per non parlare degli attacchi ai diritti del lavoro e al welfare.
Si, mi avete prorpio rotto le palle, voglio una confederazione con la grande madre Russia.

sabato 10 giugno 2017

giovedì 8 giugno 2017

martedì 6 giugno 2017

Appello per una sinistra a modo mio



Franco Cilli

Partiamo dalla consapevolezza che la sinistra è una realtà multiforme e ibrida e che sinora non è mai riuscita a  valorizzare le diversità, ponendosi queste più come conflitto insolubile e criterio ad excludendum che come valore aggiunto. Occorre prendere atto che se tale nodo gordiano non verrà sciolto non ci sarà mai una sinistra maggioritaria. Appare inoltre evidente che sussiste una territorializzazione delle culture in seno alla sinistra, dove ognuno occupa un terreno concettuale, perimetrando ogni orizzonte di senso e rimandando all'altro l'idea dello sconfinamento verso territori eretici, piuttosto che cercare un’integrazione di ambiti differenti. Oggi assistiamo all'ennesimo tentativo, da parte di attori meno vincolati alla storia della vecchia sinistra, di unificare una sinistra diffusa sotto la bandiera della costituzione. La costituzione è importante, importante è il richiamo ai suoi valori di giustizia e libertà, ma tale richiamo non può affiancarsi ad un’analisi dilettantesca e approssimativa delle cause economiche della crisi e della sostanza del liberismo. L’analisi risulta monca e parziale quando non è decisamente distorta. Far risalire il problema del bilancio e dell’austerità all’elusione e all’evasione fiscale è un’ingenuità grossolana, che elude il discorso della svalutazione del costo del lavoro imposto dai trattati europei come conseguenza del suo impianto liberista e difficilmente modificabile con le sole buone intenzioni. Questa visione ingenua dell’economia alienerà una buona parte di soggetti politici e di singoli compagni, che leggeranno in ciò la dimostrazione di un inevitabile approdo acritico nei confronti dell’europeismo, se non addirittura di una presa di posizione dogmatica e non negoziabile nei confronti dello stesso. Nessuno vuole ripetere una nuova Grecia, il problema dei rapporti con l'Europa va posto, senza aut aut da una parte e dall'altra. Altro nodo è il conflitto non dichiarato, sebbene palese, fra le istanze diciamo così “globaliste” e quelle “sovraniste”. Anche qui la dicotomia è una divaricazione che scava un fossato dove tutti i ponti vengono tagliati allo scopo (da parte dei globalisti) di non contagiare la purezza ontologica dei processi di soggettivazione, perno irrinunciabile di qualsiasi orizzonte politico e strategia, sostenuto da un riduzionismo astratto e di stampo nominalista, ma di poca sostanza. Una visione che appare francamente datata rispetto a un’analisi di fase che suggerirebbe perlomeno un passo indietro per riflettere piuttosto che perseverare su vecchi schemi che poco hanno prodotto in passato. Mia opinione che metto sul banco, senza farla diventare l'ennesima irrinunciabile discriminante.

Stare insieme pur nell’apparente inconciliabilità delle posizioni serve per ricalibrare le proprie coordinate di tiro e cercare una sintesi utile allo scopo. Condannare l’ipotesi sovranista come estratto di un’ideologia puramente regressiva, agitando lo spettro dell’eresia nazionalista, è folle. Nessuno vede il ripristino della sovranità quale premessa per un ritorno ai vecchi stati nazione e della retorica patriottica, bensì come premessa essenziale e come insieme di dispositivi necessari per ricacciare il liberismo in gola a chi lo ha congegnato per i propri fini particolari. Chi vede la globalizzazione come incarnazione dello spirito della storia sbaglia, la globalizzazone non è che una variante di un processo storico non lineare, così come la sovranità non può che essere una delle tante variabili simboliche plausibili di un universo logico e posta al vaglio di una critica razionale. Nessuna religione dello stato o della nazione, nessuno spiritualismo globalista.
Il mio appello hegeliano è all’unità degli opposti e alla sintesi di tutte le forze antiliberiste e di chiara ispirazione socialista e comunista.
Per ultimo occorre prendere atto che la sinistra non è sufficiente a se stessa. Ipotizzare un accordo seppure improbabile con i 5S è giusto è doveroso se si vuole governare entro un periodo storico inferiore a un'era geologica. Anche qui la contesa non può essere dottrinaria e nemmeno possiamo soffermarci su posizioni specifiche che certamente sono in contrasto con una visione di sinistra, come talune dichiarazioni a sfondo xenofobo, ma costituiscono un dato che o viene preso di petto e contrastato su un piano di confronto dialettico e di peso specifico delle singole posizioni o è destinato a replicare l’ennesima insanabile dicotomia, che porterà a irrigidimenti e incistamenti delle posizioni politiche di ampie parti dell’elettorato o se preferite del popolo, visto come plebe ignorante e indomita.
Insomma si all'assemblea unitaria del 18 Giugno, ognuno con il coltello fra i denti, ma sempre disposti a cercare un'unità d'intenti.

mercoledì 17 maggio 2017

Possibile l'invasione della Siria

di Tonino D’Orazio, 17 maggio 2017.

Il copione è sempre uguale. Il pretesto è per entrare a casa d’altri con l’approvazione ipocrita di chi ancora crede al diritto internazionale. Assad utilizza (o ha utilizzato) i forni crematori, come Hitler. “Le armi di distruzione di massa”, questa volta, quella chimica, non ha funzionato. Non esistono e sono troppi a dirlo per ricominciare la pallonata. Ma Assad come Hitler può funzionare. Basta pubblicare una foto di uno strano palazzo e certificare l’esistenza di un alto forno, da lì a certificare che sia crematorio, la parola stessa è tabù, il passo è semplice e ad effetto sicuro. In sei anni di guerra non se ne erano mai accorti.
Da più di un mese gli statunitensi, i soliti inglesi in filigrana e gli israeliani, stanno ammassando truppe e armi alla frontiera giordano-siriana. Le foto dai satelliti sono disponibili su vari siti internazionali e non sono fake, cioè disinformazione. Vi sono statunitensi con una brigata intera (4.000 uomini) con vari corpi armati, e bombardieri strategici B1B. I britannici con intere unità di carri armati Challenger e di elicotteri di attacco al suolo Cobra e Apache.
In più vi sono: un esercito eteroclite di “ribelli”, con olandesi, sauditi, giordani, bahreiniti e sei multinazionali di mercenari provenienti da orizzonti diversi. Cosa ci farebbero tutti sulla frontiera giordano-siriana? Alcune forze sono già penetrate nella base siriana di Tenef, nel sud della provincia di Derâa, a ridosso della frontiera.
La stessa cosa sta facendo la Turchia, con Erdogan alla frontiera nord. E’ iniziato lo spiegamento di carri armati, artiglieria, fanteria, forze speciali, esperti e militari sauditi, nella provincia di Idlib, cioè nel territorio siriano stesso.
E’ davanti a tutti lo smacco dell’occidente guerrafondaio con gli accordi di pacificazione ottenuti dal terzetto Russia-Iran-Turchia a Astana, capitale del Kazakistan (3/4 maggio), con la creazione di quattro “zone di sicurezza”, Idlib, Dar’a, Homs e Ghouta periferia est di Damasco, facendo saltare i nervi della “nostra coalizione”. Tanto è che se si parla di pace, anche se minima, i nostri mass media sono costretti a tacere. E’ un po’ come una “no fly zone”, proibita agli aerei della coalizione e anche a quelli russi e iraniani e mantenuta “in pace”, invece che dai caschi blu poco affidabili, soprattutto dai correligionari pasdaran iraniani. Ovviamente l’accordo viene rifiutato dagli israeliani che in risposta hanno bombardato la capitale della Siria Damasco. Non sappiamo questa volta quanti bambini sono morti, non sempre è utile sapere. La scusa criminale è sempre la stessa: difendere la propria sicurezza ammazzando gli altri a casa loro, preventivamente. Non si sa mai. E quindi “non osserveranno l’accordo e continueranno i raids aerei contro qualsiasi attività che possibilmente possa minacciare il suo territorio”, cioè quello rubato a Palestinesi, libanesi e siriani (Golan).
Stranamente una zona, Idlib, a nord, quasi occupata dai turchi con il loro esercito già in loco da mesi, “garanti” degli accordi e, se funziona, vi potrà rispedire (scusate il termine volgare), con gran dispetto dei curdi ivi autoctoni, migliaia di profughi siriani oggi in Turchia bloccati nei campi con i nostri soldi. L’altra zona è quella a sud, Dar’a, sulla frontiera giordana, anche lì per permettere a migliaia di profughi di rientrare.
Ma allora lo spiegamento militare pesante?
Trump non accetta compromessi? Il presidente sanguigno che minaccia tutti per ribadire la supremazia coloniale statunitense si adegua agli accordi di Astana? Improbabile ufficialmente, è troppo sotto attacco, anzi sobillato, dalla stampa di casa per “l’amicizia” con Putin e la Russia, e dall’establishment conservatore, armatore e guerrafondaio. Sembra abbia rivelato documenti top secret sull’Isis. Vuoi vedere che sta smantellando l’aiuto “segreto” dato da Obama-Clinton, insieme a Arabia Saudita, Unione Europea e Israele ai terroristi dell’Isis, di cui tutti sono ormai al corrente? Nel frattempo i media ci istigano all’attenzione sulla Corea del Nord, ai rischi di guerra nucleare, che questo paese, con un missile che raggiunge, forse e non sempre, 600 Km e che forse potrebbe portare una “bomba atomica” di vecchio tipo, cioè un petardo, “minaccia” la sicurezza degli Usa (!) a più di 10.000 km di distanza, quella del Sud elegge un presidente democratico “progressista” filo cinese. 38% degli americani non sanno dove si trova la Corea del Nord.(NYT)
Si è, per esempio, mai visto un presidente Usa che abbia mai potuto fare quello che voleva o quello che aveva promesso? In genere, se testardi, muoiono o si adeguano alle potenti lobby. Questo, nel bene o nel male, non sembra “costruito” per adeguarsi, ma ce lo costringeranno. Quante speranze aveva suscitato la vittoria di Obama sia nei democratici che nei conservatori europei e alla fine è stato il presidente, Nobel per la pace, che ha innescato più guerre, conflitti e genocidi nel mondo degli altri presidenti americani ?
Certamente ritirarsi sconfitti dalla Siria e non aver potuto rubare il loro petrolio, (l’unico rimasto “libero” e “possibile” insieme al Venezuela) ma in realtà, se guardiamo oltre il naso, non aver potuto interrompere gli enormi investimenti euroasiatici delle nuove “vie della seta”, strutture commerciali ed economiche di immenso sviluppo ed investimenti a medio termine che li caccerebbe dal grande continente delle “terre emerse” popolato da più di 5 miliardi di individui (forse meglio consumatori), pone gli Usa in una ulteriore perdita di monopolio mondiale. Loro sono convinti di essere padroni del mondo. Ne fanno una filosofia sociale e culturale di ultima istanza e convinzione che trasuda sempre, per esempio, da qualsiasi loro film visto che sono sempre loro a “salvare” il mondo, facendo dimenticare le 32 guerre per la loro “democrazia” in cui sono implicati oggi. E possono fare, quasi, tutto quello che vogliono e possono giustificarlo anche dopo. Hanno una filarmonica mass mediatica per convincere tutti, o altro. Troisi: ”fanno le guerre per fare i film e avere sempre ragione”.
La Siria è un crocevia vero di sbocco nel Mediterraneo, (se si prende la briga di individuarne i tracciati), e il trio Iran-Russia-Turchia sono al centro del futuro sviluppo mondiale est-ovest proveniente da Cina e India. Noi saremmo collegati via mare con Suez e l’Adriatico, il Pireo (Grecia) è già cinese e poi Mestre/Trieste. Un “deposito” in prefase di acquisto sembra Gioia Tauro, ma sul Tirreno. Via terra sarà complicato, ma alla fine saremo collegati, dall’ex Jugoslavia, via la pianura padana verso Francia, (Marsiglia), Spagna (Barcellona/Madrid) e Portogallo (Porto/Lisbona), dall’Atlantico al Mar di Cina. Del G7, solo l’Italia (con Gentiloni) è stata invitata al progetto e alla riunione operativa dell’inizio di maggio a Pechino per la firma dei primi accordi.
In Asia Minore vengono tagliati fuori la penisola arabica, gli Emirati e Israele. L’Africa dell’est, con i cinesi in pieno impianto, (hanno comperato da anni centinaia di migliaia di ettari di terra da rendere coltivabile in Somalia), viaggia a parte e sono previsti solo collegamenti via mare, nel Pacifico e oceano Indiano, (Kenia, Mombasa). Queste grandi vie, di commercio, di energia, di cultura sono già presenti in vari spezzoni e in vari paesi e le rotte potrebbero essere completate abbastanza rapidamente, malgrado la grandiosità delle opere, sia ferroviarie che stradali. Rimane la turbolenza politica in molti paesi sulla tratta, ma intanto vi sono a disposizione, dalla nuova Banca Mondiale di Investimento dei Brics, una enorme quantità di dollari (anche se assegni a vuoto color verde, di cui la Cina si sta liberando un po’ alla volta) e alcuni progetti potrebbero essere completati entro il 2021. La Gran Bretagna, non invitata perché in guerra in quasi tutta l’area da secoli, ha comunque chiesto di partecipare. Imperativo salvare il peso della City.
Solo la Siria potrebbe bloccare la colonizzazione commerciale, e lo sviluppo preponderante della Cina verso il Mediterraneo, ma anche viceversa. A pensarci bene la presenza americana nell’area diventa per loro un salvagente, finché potrà durare. Tra l’altro, su quella via ci sono quasi tutte le grandi infrastrutture, distrutte democraticamente, da ricostruire. Vi assicuro che non penso al palazzinaro Trump.

lunedì 15 maggio 2017

Io ho le prove, ma non so perchè non ci sono stato

"Tu che parli a fare del Venezuela, ci sei mai stato? Ci hai lavorato? Io ci ho lavorato, quando ci hai lavorato per dieci anni parli". "Maduro è un fascista, lo dico io e se non basto io ci sono pure i  miei cugini che vivono lì, e quindi così è". Punto. Questa l'obiezione di quelli che hanno capito tutto, perchè sono stati in un posto che tu conosci solo indirettamente.O anche di quelli che pur non essendo stati in quel dato posto si sono formati un'idea da chi c'è stato, come se il tizio fosse l'unico al mondo ad averci messo piedi e ad avere l'autorità per parlare. 
Dunque per alcuni si può esprimere un'opinione sui fatti del mondo solo per esperienza diretta. Le logiche della politica e della storia sono comprensibili unicamente attraveso un'immersione diretta nelle singole realtà, solo "gettando" il proprio essere nel casino dell'umanità. In pratica, seguendo questo criterio è già un'impresa parlare del proprio condominio. Si ma in fondo che sappiamo anche noi italiani dell'Italia. Conosco forse il Piemonte a fondo? Ma nemmeno il Molise figuriamoci. Tutti zitti allora e si parla solo ed esclusivamente  a ragion veduta e vissuta. Si ma vissuta per quanto tempo? E quanto intensamente. Ma a pensarci bene il Venezuela esiste? E io che mi vivo e mi frequento da quando sono nato, posso davvero  dire di conoscere me stesso? E quello stronzo che mi intima di non parlare  se in quel posto non ci sono stato, come faccio a dire che è uno stronzo, nemmeno lo conosco. Eppure sento che è così. Buonanotte.

venerdì 12 maggio 2017

A quei caz***ni dei compagni

di Nicodemo

Avevo deciso di non scrivere più in nessun blog, ma tanto è l'odore di merda che aleggia sull'informazione, sia essa in rete che nei canali tradizionali, che non ho saputo resistere al dire la mia. 
Quello che mi fa più specie è la dabbenaggine di certi compagni, fra i primi a rispondere al richiamo dei novelli comportamentisti maestri della menzogna, andando a beccare il loro mangime avvelenato. È mai possibile che sulla Siria e sul Venezuela ad esempio, si ripetano a pappagallo luoghi comuni inculcati ad arte? È davvero così efficace il lavaggio del cervello che ci fa dire come dischi rotti: " Assad macellaio", " Maduro dittatore", bendandoci gli occhi di fronte a una realtà grande come una montagna? Malgrado quella miriade di volenterosi che fa contrinformazione pazientemente tutti i santi giorni, accessibile a tutti, ci sono ancora masse di lobotomizzati che affollano con il cuore in mano e il cervello in ammollo le mostre del fotografo Caesar, il quale ha affermato con sprezzo del pericolo di aver documentato torture e assassini del macellario Assad. Guarda che strano, qualche foto, qualche testimonianza, un briciolo di esame dei fatti e le mille contraddizioni di un Caesar mai visto in faccia, che beatamente ammette di essere pagato dal Qatar, e ti rendi conto che è una bufala confezionata ad arte, senza un barlume di rispetto per il comune sentire umano e nel solo interesse di una propaganda che usa il sangue e i bambini morti come un sociopatico esibisce i suoi trofei. È mai possibile credere a tipi come Formigli o Rula Jebreal che parlano di genocidio da parte di Assad, con la complicità dei russi, nei confronti degli abitanti di Aleppo est, di donne stuprate e poi sucide, per poi una volta liberata dai tagliagole che la tenevano in ostaggio, rimanere a bocca aperta alla vista delle masse festanti che accoglievano i liberatori? E Maduro? Il dittatore il feroce repressore. Un piccolo guizzo di ingegno, sposti il velo della menzogna e ti accorgi che la maggioranza degli assassini che gli oppositori attribuiscono al governo sono opera dell'opposizione e dei suoi sicari, come il giovane chavista o il violinista diciassettene, entrambi uccisi da bastardi prezzolati. 
Non si può, il morbo rosè causa gravi encefaliti, rimbecillimento e infiammazioni globaliste, davvero letali per il senso critico.
Io torno nella mia tana, se avete intenzione di continuare così andate affanculo e non provate a dirmi che Putin è un dittatore e che Macron è il male minore.


mercoledì 3 maggio 2017

lunedì 13 febbraio 2017

Il tornello tossico

di Nicodemo

Lunga vita ai tornelli. E' la mia animaccia piccolo borghese che urla, degradata più dalla stupidità che dai veleni del neoliberismo. E mi viene in mente il Lenin di "studiare, studiare, studiare". 
Che ci va a fare un tossico in una biblioteca, mi chiedo e appena lo penso un'autoanalisi implacabile e subitanea accende una spia d'allarme, quella con l'icona del razzista puritano e fustigatore dei costumi che storce la bocca di fronte al diverso. Poi mi dico ma che cazzo c'entra il liberismo e i confini che vuol tracciare fra gli individualisti anonimi che pagano il biglietto della lotteria che ha come premio l'appropriazione indebita del bene pubblico e le scorie umane di un'economia schifosa e piena dei vizi capitali di un'aristocrazia melensa e perversa? In fondo il tossico, il diverso, il malato di mente non sono solo il frutto di un'economia sbagliata, della divisione in classe della società, sono anche le vittime di un senso comune idiota che non si prende cura di loro perchè non ci sono quei soldi che si ciuccia l'Europa bastarda, creando le condizioni perchè si ficchino in una biblioteca universitaria visto non hanno un cazzo di posto migliore dove stare. 
Allora diciamocelo, il problema è della cura e della libertà, ma la libertà deve arrivare fino a un'aula di biblioteca della Facoltà di Lettere? Insomma questi tossici se davvero li vogliamo inclusi e socializzati, diamogli le stesse regole che valgono per tutti gli altri, comprese quele che dicono che uno non vada a farsi le pere in un bagno pubblico, diamogli tutto la sostanza velenosa che vogliono  e uno spazio dove scorrazzare senza mastini che gli mordano le caviglie, ma che non rompano i coglioni e lascino studiare chi ancora deve decidere in quale destino di disoccupazione dovrà imbarcarsi, mentre fa sogni proibiti sull'individualismo. Ah questo senza che sia necessario chiamere i celerini a spaccare tutto, parliamone. Dice il giovane compagno, ma perchè riduci tutto al tossico? Boh, mi viene in mente come l'emblema dell'escluso ributtante, ma includo tutti gli esclusi per non far torto a nessuno.
Insomma lasciamo fuori dalle bibliotecche tossici e celerini(oltre che fancazzisti del settimo giorno, punkabbestia, alcolizzati, maniaci sessuali e don Giovanni coatti), ma diamo una mano a tutti dopo l'orario di chiusura.

giovedì 26 gennaio 2017

Le luci di Tel Aviv e l'abbaglio di Saviano


Ripropongo questo vecchio articolo apparso su Radio città Aperta e  su Forum Palestina 7 anni fa, stimolato dall recenti polemiche su Saviano

di Franco Cilli *

Lo confesso, sono rimasto deluso da Saviano, come molti del resto. Ho ascoltato il suo discorso alla manifestazionee: “Verità per Israele” promosso da Fiamma Nirestein e ho provato un senso di sconforto, non tanto e non solo per l'atroce banalità delle sue parole, che con un'espressività elementare e quasi naive, riusciva a velare le terribili verità dell'oppressione israeliana verso un intero popolo, ma quanto per la sensazione di avere perso una risorsa che mi sembrava importantere per questo paese. Come può rappresentare una risorsa, mi sono chiesto, uno che vive una dissociazione così netta con la realtà? Non è l'unico d'altronde a vivere questo genere di dissociazione, anche Travaglio è affetto dalla stessa sindrome, che io vedo apparentata col fenomeno della religione. Anche lì si è preda di un fenomeno che tende a scindere l'elemento storico da quello del mito, sull'onda dell'emotività e e dell'emersione di un'identità inoculata come un virus.
Rimane il dubbio della cattiva fede e della cattiva coscienza, ma voglio persuadermi che Saviano sia in buona fede e che sia solo vittima di un allentamento delle sue capacità di riuscire a selezionare i fenomeni in base ad un criterio uniforme. Non si comprenderebbe altrimenti perché riesce ad analizzare così finemente il fenomeno della camorra, dissezionandolo in tutte le sue parti e sondandolo fin nei minimi recessi e a ignorare allo stesso tempo parti altrettanto importanti di realtà. Una forma di provincialismo percettivo? Difficile però a credersi in un mondo così disponibile ad essere svelato solo a volerlo.
Saviano cita più volte in maniera quasi cantilenante “ le luci di Tel Aviv”. Sono l'elemento che più di ogni altra cosa ha suscitato in lui emozione. Appunto, emozione e rischiaramento, un effetto artificiale di una luce artificiale. Le luci, la percezione di un'atmosfera calda, tollerate e accogliente sono gli elementi di un caleidoscopio ipnotico che hanno forse hanno indotto in Saviano un giudizio fondato sull'emotività piuttosto che sulla fredda considerazione dei fatti, quasi se con Gomorra lui avesse già dato, se la ragione fosse ormai consunta e abusata e volesse aprirsi a frontiere inesplorate della realtà, quella realtà che si coglie dilatando al massimo la percezione e identificando l'apparire dei fenomeni percettivi con la realtà stessa. Questo “illuminismo romantico” di Saviano è davvero pericoloso e induce in chi ascolta la paranoia del complotto.
Qual'è la causa che rende possibile questa dissociazione? La risposta come spesso avviene la troviamo nella storia, in quella storia che si intreccia con la natura e con il “destino dell'uomo”. La nostra stessa società e vittima di una dissociazione delle sue parti, una scissione intrinseca al sistema stesso. La civiltà occidentale si è evoluta grazie alla spinta della borghesia che nel rivendicare i propri diritti di classe in conflitto con l'aristocrazia, ha aperto le porte a rivendicazioni universali, che fondevano le libertà economiche con le libertà individuali e portavano all'emersione verso l'esterno della libertà di coscienza, una libertà fino ad allora relegata a forza nella sfera privata. Quando tale libertà è divenuta l'elemento propulsivo dei diritti delle moltitudini, con la lotta e con il sangue si sono conseguite conquiste storiche che paradossalmente mentre recavano più libertà e maggiori diritti per gli sfruttati, portavano allo stesso tempo ad una razionalizzazione del sistema capitalistico stesso, che utilizzava l'accresciuta libertà degli individui per incrementare il suo potenziale espansivo e il saggio di profitto, contraddicendo in questo le previsioni di Marx. Ecco spiegata la dissociazione, non è solo un puro elemento dispercettivo, ma è un fattore costitutivo della società capitalistica stessa, che da una parte conserva intatto il potere spietato del capitalismo, dall'altro genera inevitabilmente quelle “sovrastrutture” destinate teoricamente a soppiantarla, e che durante i secoli sono state portatrici di istanze di “progresso”, oscillando fra rivoluzione e riformismo.
Gli aspetti di democrazia interna e di libera circolazione, unitamente all'accesso ai consumi delle democrazie occidentali contribuiscono a creare un milieu dove una buona parte dei cittadini, borghesi o proletari, si trova a proprio agio. Siamo così portati, se non teniamo ben desto il nostro spirito critico, a vivere gli elementi sovrastrutturali di una società come indipendenti dalla sua struttura economica e sociale. Questa è l'essenza delle democrazie occidentali: elementi di libertà (fatto salvo lo sfruttamento del lavoro) al proprio interno, con un sufficiente grado di soddisfazione di bisogni acquisiti della quasi maggioranza della popolazione, grazie all'abbondanza di plusvalore prodotto, e una politica estera affidata al realismo amorale della politica, una sfera autonoma e meno soggetta a condizionamenti e a normative giuridiche o etiche. Forse è una specie di istinto egoistico di conservazione che induce molti di noi a rimuovere la presenza di quelle istituzioni sovranazionali che servono e si servono delle democrazie o se preferite dell'impero, per mantenere un sistema di distribuzione delle risorse ineguale e che dettano le politiche verso i cosiddetti paesi emergenti.
Ha ragione Giuliano Ferrara quando afferma con l'agghiacciante cinismo del liberale che si è strappato la maschera: “volete i frigoriferi, le televisioni e le automobili? Questo è il prezzo”. Il prezzo è una competizione spietata per la conquista a tutti i costi delle risorse del pianeta, ci volesse una guerra con motivazioni inventate di sana pianta. Per alcuni sedicenti liberali non ha nessuna importanza la politica estera di una "grande democrazia", l'importante è che questa si conformi a determinati canoni, stabiliti non si sa da chi e che danno per scontato ad esempio che il bipolarismo delle democrazie anglosassoni sia l'unico vero modello di democrazia. Che importa poi una guerra e qualche milione di civili massacrati, vivaddio la democrazia non può essere perfetta, solo praticata e canonizzata, è una realtà che sfugge al desiderio e si conforma solo al volere della storia. Tutti gli stati che il mondo civilizzato esclude dall'albo dei paesi democratici, sono stati canaglia, perché è il canone quello che conta, comodo alibi per le porcherie del liberismo.
Forse sotto sotto nell'atteggiamento di quelli come Saviano c'è anche una sorta di malcelato storicismo, che vede nella politica coloniale un passaggio obbligato verso il progresso dell'umanità, un ponte fra la barbarie dello stato di natura e la civiltà. L'indigeno va represso e se necessario annientato, perché rappresenta forme residuali di società morenti e destinate ad essere soppiantate dal nuovo. L'ansia di compiere una missione storica induce i liberali di tutte le fatte a sorvolare anche su quegli aspetti negativi che si manifestano all'interno delle società capitalistiche stesse, considerati endemici di una democrazia e frutto di una dialettica sociale che richiede l'esistenza di una classe povera, di un ceto medio e di una classe borghese agiata, quali elementi di un dinamismo sociale necessario e vitale. Nel caso di Israele poi questi aspetti solo a non voler chiudere gli occhi sono eclatanti: l'apartheid e le ingiustizie verso le popolazioni arabe sono tremendi, ma la luce delle vetrine, la libera circolazione delle merci e con esse della “cultura”, ci abbaglia e ci persuade che non c'è nulla di meglio delle democrazia borghese, anche quando questa smentisce se stessa.
Persino personaggi come Grillo sono vittime della stessa dissociazione. Grillo racconta un'Inghilterra delle meraviglie, dove lui, un comico, viene ricevuto e ascoltato nientemeno che dal Ministro della cultura in persona e dove i delfini nuotano del Tamigi. Gli aspetti di efficienza della macchina statale secondo i canoni di un concetto di civiltà che si misura con il rispetto delle leggi, il funzionamento delle metropolitane e la snellezza delle burocrazia, prevalgono sulle considerazioni in merito alla natura feroce della politica coloniale e guerriera di uno Stato “democratico”. Che importa se l'Africa è sotto il loro giogo e se l'Iraq è una groviera insanguinata?
Torna nuovamente l'inquietante interrogativo: la democrazia ha un prezzo? Se si chi lo paga?
È possibile separare ad esempio il benessere della Svizzera e la sua libertà interna dal riciclo di capitali da parte delle sue banche, derivanti dai proventi della mafia e dal traffico di droga? È possibile separare la politica coloniale dell'Inghilterra e della Francia dal loro modello di democrazia e dal loro livello di reddito pro capite?
Io credo di si, credo sia possibile ridurre i costi di una democrazia e soddisfare adeguatamente i nostri bisogni, basterebbe che ci mettessimo d'accordo su un prezzo equo da pagare, facessimo qualche rinuncia e non dessimo più credito a fantocci che urlano :”lo standard di vita del mio paese non si tocca”, o recitano litanie del tipo: “occorre rilanciare i consumi, aumentare la crescita, la produttività” ecc. ecc . Non sarebbe più necessario affamare un miliardo e mezzo di persone e distruggere l'ecosistema. Che ci vorrà mai, basterebbe ripensare integralmente il nostro sistema economico, abolendo per decreto il pensiero unico in economia. Ma questo è un discorso lungo.
Sono convinto che anche nel Tevere potrebbero nuotare i delfini, sarebbe sufficiente eliminare gli squali.