giovedì 17 novembre 2016

Rosi Braidotti: dal post umano a Renzi (appunto)



di F.C.
Se questo è un uomo…il bomba, Renzi , la metafora attuale e fortemente iconica del post umano in versione vernacolare. La filosofa vuole andare oltre le categorie antropocentriche  e superare la visione accentratrice del soggetto umano per dissolvere l’identità in una panoplia di pulsanti diversità non irriggimentate, e non sottoposte all’orrenda dittatura delle dialettica, che coprono una gamma di forme viventi che include blatte, batteri e ficus benjamin, dentro l’unicum multitudinario di Spinoza. Un olismo biodinamico e panteista insomma, altro che materialismo dialettico con la sua grettezza e la sua brutale affezione per il soggetto. Una vera chicca per gli intenditori della fuffa estrema, capace  di mettere  insieme nientemeno che Deleuze  e Renzi passando per Spinoza.

Chi meglio di Renzi può incarnare il post umano ? Chi meglio delle sue riforme può dare il senso del il superamento identitario, riunendo l’identità in un unico soggetto per poi negare l’identità stessa? Questo è quanto occorre sapere e quanto basta per interpretare le nuove categorie dell’esistente.

Ci avete capito niente? Io NO, ma Rosi Braidottti  è un eminenza del sapere universale, quindi almeno lei saprà quello che dice e per questo, perché il post umano prenda forma vi invita a votare SI al referendum. 
Ah! Fantastico

martedì 8 novembre 2016

Clinton vs Trump: la vera posta in gioco dietro il sipario dei media

da Blasting News

 Molti sono i retroscena delle prossime elezioni USA.
Fra le tante quelli che vedono contrapposti i cosiddetti Neocon ai neo-bizantini. Luttwack, politologo, consulente del Pentagono e personaggio conosciuto al pubblico italiano per le sue numerose apparizioni televisive, nel suo libro: " La grande strategia dell'Impero bizantino" espone una sua personale teoria. Uno scontro fra due diverse fazioni dell'etile americana, la prima animata dallo spirito visionario dei neocon, un think tank che unisce il pragmatismo anglosassone a una mistica del potere che vede al centro l'impero USA, in un'epopea interminabile di guerre di espansione come naturale sistema di protezione dell'impero e di realizzazione della democrazia(sic). Hillary è l'ultima adepta di questa dottrina ampiamente descritta nel "Project for the New American Century".
Nessun mistero, tutto nero su bianco, persino la pianificazione e la tempistica delle guerre: prima Irak, poi Afghanistan, Siria. #Clinton, in cooperazione con l'establishemnt economico finanziario, esprime appieno la continuità con questa strategia di conquista, un delirio lucido e raccapricciante secondo alcuni, ma dagli effetti tremendamente reali.
La seconda fazione rappresentata da #Trump, oppone una visione che potremmo definire isolazionista e trattativista: rifiuto del TTIP, protezionismo economico, accordi con la Russia e con la Cina di sostanziale non belligeranza. Nella mente di Luttwack un  impero USA simile a quello Romano d'Oriente, non dominatore ma Primum Inter Pares. Quello che si vede nei confronti televisivi fra i due sarebbe insomma solo la facciata.
Questa in sintesi la visione ripresa anche da alcuni commentatori italiani, come chiave di lettura dello scontro Clinton/Trump. Eppure, sebbene suggestiva, tale visione appare per certi aspetti non totalmente aderente alla realtà. Difficile credere che Trump sia solo il burattino nelle mani di menti raffinate che giocano a dadi col destino del mondo. Che ci possa essere scontro di fazioni all'interno delle classi dominanti statunitensi è credibile. Che questo scontro si giochi su visioni strategiche contrapposte è altrettanto credibile. Difficile è credere che i due fronti siano così omogenei e che i due frontmen siano il frutto di una scelta premeditata. Difficile pensare che i due fronti combacino in maniera coerente e  disciplinata con personalità politiche determinate. Trump appare piuttosto come il giocatolo sfuggito dalle mani dei suoi creatori, tante infatti sono le defezioni sul fronte repubblicano, che prima ha alimentato il razzismo e l'estremismo di Trump, credendo di poterlo strumentalizzare ai fini della vittoria del partito e poi ha dato la sensazione di aver perso il controllo della situazione, facendo un imbarazzante marcia indietro.
In definitiva se è evidente che ciascun candidato è l'espressione di poteri forti che si annidano nel mondo economico finanziario, non è però facile stabilire una identificazione netta fra ideologia e persone che si esprima attraverso logiche speculari. Le variabili umane e la fluidità del quadro politico non consentono apparentamenti troppo rigidi. Probabilmente vista l'immutabilità del sistema americano è più facile pensare a quest'ultimo come un'unità.
Che vinca Trump o che vinca Clinton in definitiva le coordinate fondamentali del sistema USA rimangono immutate e ciascun presidente non fa che adeguarsi a uno stato di cose. 


domenica 6 novembre 2016